Mario Rizzoli

16 MAGGIO 1973
Recensione da "IL GAZZETTINO" PADOVA

Ardito nella concezione tipicamente surrealista, con commenti nel frammezzo della composizione architettonica, realistici e addirittura talora romantici, ci appare ALBERTO FIORENZATO, presente a la Tavolozza.
Il giovanissimo artista ha giá un suo passato di affermazioni: ha esposto in molte cittá d’Italia e a Parigi, conseguendo lusinghieri premi e sollecitando una critica piú che favorevole.
Il fattore astratto é in lui solo apparente, che nel simbolo delle immagini si intravedono, (non difficilmente) elementi costitutivi di solido penetrante verismo. Il discorso piuttosto complesso, pur nel pieno accordo della sobrietá e della audacia immaginativa, é ricco di ben dosati grafismi e di sapienti arabeschi, e rivela una capacitá molto marcata di fondere il fantasioso con il sovrannaturale, il tutto in una cornice di propensione netta al naturale. (Braccia alzate in gesto disperato verso mondi roteanti nell’infinito, il dolore di un triste ricordo raffigurato da un albero ormai senza fronde, estrose strutture plurime e pluriformi, geometrizzanti a rappresentare la fine della pioggia).
Il ritmo cromatico e’ controllato e vario, con punte di arditezza che accentuano il substrato cerebrale dei dipinti, forse a volte condizionati da un fare cosciente o no che arieggia alla maniera decorativa.


10 NOVEMBRE 1973
Personale Galleria D’Arte La TAVOLOZZA PADOVA

Pochi artisti, a vent’anni, possono dire di aver sollecitato, da parte della critica, tanta curiosa attenzione, quanto ALBERTO FIORENZATO. Ha esposto in molte sedi d’Italia e dell’estero, ha guadagnato ottimi premi in concorsi di alto livello. E ció per la gran carica di concetto che getta nei quadri, fantasiosamente, con un fare fra il polemico e il narrativo, espresso sempre sul piano del surrealismo. In quest’ultimo tempo il suo racconto, che in passato quando ne parlammo le prime volte, conservava qualche accento realistico, si é fatto piú pulito, piú segnatamente personale, portandosi di conseguenza sul terreno di un ermetismo non assoluto, ma certo consistente per via di quel costante ritorno a temi ispirati alla "natura da salvare" e alla fatica,forse alla fine vana, dell’uomo che in ultimo sará, della natura stessa, elemento di sacrificio.
Le sue intuizioni spaziali e spesso sovrannaturali ("Ascensione", "Baleno", "Balletto", "Le luci della luna"), si debbono intendere come evocazioni di stati d’animo e come mezzo per penetrare, al di la’ del superficiale, l’essenza profonda, anche filosofica, se volete, delle cose, con qualche segno di influenza esterna, non tale comunque da sminuire il peso individuale dell’opera. La natura, come abbiamo accennato, é la ispiratrice di FIORENZATO e la sofferenza dell’artista nasce proprio dalla sofferenza di quella.
Quanto a tecnica, si puó rilevare, un chiaro compiacimento per le linee marcate o curve, per la ben limitata qualificazione dei colori, sempre contrastanti, pur nell’armonia degli accostamenti e alieni dalla stesura soffusa, degradante.
Per concludere, oltre ogni possibile apprezzamento di ordine estetico o contenutistico, una veritá si afferma in questa pittura: essa é il prodotto di una spontanea singolaritá, di una volontá di ricerca, infine di uno studio di fondo mirante a tradurre la sensazione prima della forma e del colore in un fatto di esperienza visiva, in termini che spesso sfiorano l’astratto ed esaltano la dinamica del movimento.
Una pittura che + specchio fedele dello spirito, giovane e pensoso al contempo, di FIORENZATO.